Le Tristes e le Pontiche, o Roma in riva al Mar Nero
Tradotto dal francese
C’era una volta, sotto il regno di Augusto, un uomo che poteva credersi colmato di ogni bene: Publius Ovidius Naso, detto Ovidio. Poeta alla moda nel bel secolo della poesia latina, lusor amorum (cantore degli amori), la sua penna scherzosa aveva conquistato Roma e la sua facilità nel fare versi rasentava il prodigio: «cercavo di scrivere in prosa, ma le parole venivano a disporsi così giuste nella misura, che ciò che scrivevo erano versi». Fortuna, nascita, amici illustri, una casa confinante con il Campidoglio, nulla mancava a questo cavaliere romano che godeva di una vita più sicura e più confortevole che mai.
Eppure, una mattina dell’anno 8 della nostra era, quando Roma si svegliò, una sinistra notizia percorse le strade: il figlio prediletto delle muse, allora cinquantenne, era appena partito sotto scorta imperiale. Non per un ritiro dorato su qualche riviera clemente, ma per una relegatio (assegnazione a residenza)1La relegatio (assegnazione a residenza), benché somigliante all’exilium (esilio), se ne distingueva giuridicamente: non comportava né perdita della cittadinanza né confisca dei beni. Ovidio, a cui era stata fatta grazia su questi due capi, aveva cura di precisare che è per abuso che i suoi contemporanei lo qualificavano di esiliato: quippe relegatus, non exul, dicor in illo (non è detto che io sia esiliato, ma solamente relegato). Ma a che pro osservare una distinzione che faceva solo per punto d’onore? Lui stesso se n’è affrancato: a patria fugi victus et exul ego (io vinto e fuggitivo, mi vedo esiliato dalla mia patria); exul eram (ero in esilio). a Tomi2L’attuale Constanța in Romania., borgata glaciale all’estremo limite dell’impero, sulle rive inospitali del Mar Nero.3Salutando un’ultima volta il Campidoglio, l’esiliato pronunciò questi addii che Goethe farà suoi al momento della propria partenza dalla Città eterna: «Grandi Dei che abitate questo tempio augusto così vicino a casa mia, e che i miei occhi ormai non vedranno più; […] voi che devo lasciare, […] liberatemi, vi supplico, dall’odio di Cesare; è la sola grazia che vi domando partendo. Dite a quest’uomo divino quale errore mi ha sedotto, e fategli conoscere che la mia colpa non fu mai un crimine».
Il Mistero della disgrazia
Quale fu la causa di questa relegatio senza giudizio, per la sola volontà di Augusto, e quale ragione ebbe questo principe di privare Roma e la sua corte di un così grande poeta per confinarlo presso i Geti? È ciò che si ignora e che si ignorerà sempre. Ovidio evoca un carmen et error (un poema e un’imprudenza), mormorando enigmaticamente:
«Ah! perché ho visto ciò che non dovevo vedere? Perché i miei occhi sono diventati colpevoli? Perché infine, per la mia imprudenza, ho conosciuto ciò che non avrei mai dovuto conoscere?»
Ovidio. Les Élégies d’Ovide pendant son exil [t. I, Élégies des Tristes] (Le Elegie di Ovidio durante il suo esilio [t. I, Elegie dei Tristi]), trad. dal latino di Jean Marin de Kervillars. Parigi: d’Houry fils, 1723.
Se L’Arte d’amare, pubblicata un decennio prima, fu il carmen o il pretesto ufficiale, l’error o la colpa vera rimane un enigma sigillato nella tomba del poeta:
«Il crimine di Ovidio era incontestabilmente di aver visto qualcosa di vergognoso nella famiglia di Ottavio […]. I dotti non hanno deciso se avesse visto Augusto con un giovane ragazzo […]; o se avesse visto qualche scudiero tra le braccia dell’imperatrice Livia, che questo Augusto aveva sposato incinta di un altro; o se avesse visto questo imperatore Augusto occupato con sua figlia o sua nipote; o infine se avesse visto questo imperatore Augusto fare qualcosa di peggio, torva tuentibus hircis [sotto gli sguardi torvi dei capri].»
Voltaire. Œuvres complètes de Voltaire, vol. 45B, […] D’Ovide, de Socrate […] (Opere complete di Voltaire, vol. 45B, […] Di Ovidio, di Socrate […]). Oxford: Voltaire Foundation, 2010.
Dimentichiamo dunque le ipotesi tanto numerose quanto strane di coloro che vogliono a qualunque prezzo indovinare un segreto di due millenni. Basta sapere che, nelle angosce dell’esilio, nei singhiozzi dell’isolamento, Ovidio non trovò altra risorsa che la sua poesia, e che l’impiegò tutta intera ad ammansire un imperatore di cui si era attirato il rancore. «Gli Dei si lasciano talvolta piegare», si diceva. Da lì nacquero le Tristes (Tristia)4Forme respinte:
I Cinque Libri dei Tristi.
Tristium libri quinque (V).
De Tristibus libri quinque (V). e le Pontiche (Epistulæ ex Ponto)5Forme respinte:
Lettere dal Ponto.
Elegie scritte nella provincia del Ponto.
I Quattro Libri di epistole scritte nella provincia del Ponto.
Ponticæ epistolæ.
De Ponto libri quatuor (IV)..
Cronaca di un inverno eterno: Il Dramma di Tomi
Le elegie di Ovidio durante il suo esilio sono il diario di un uomo perduto lontano dai suoi, lontano da una civiltà di cui fu un tempo il più amabile rappresentante; una lunga deplorazione indirizzata a sua moglie, ai suoi amici rimasti a Roma e a un potere implacabile di cui attende invano la clemenza. Tomi vi si presenta sotto l’aspetto di una «terra piena d’amarezza», sempre battuta dai venti e dalla grandine di un inverno eterno, e dove il vino stesso, «pietrificato dal freddo», si rapprende in ghiaccio che bisogna tagliare con l’ascia. Il poeta vi si sente uno straniero assoluto; un prigioniero che disimpara a parlare latino in mezzo a parole barbare e ad orrendi gridi di Geti:
«essi si intrattengono gli uni con gli altri in una lingua che è loro comune; ma io, non posso farmi intendere che con gesti e segni; passo qui per barbaro, e [questi] Geti impertinenti ridono delle parole latine.»
Ovidio. Les Élégies d’Ovide pendant son exil [t. I, Élégies des Tristes] (Le Elegie di Ovidio durante il suo esilio [t. I, Elegie dei Tristi]), trad. dal latino di Jean Marin de Kervillars. Parigi: d’Houry fils, 1723.
Di fronte all’avversità
Dove attinse Ovidio il coraggio necessario per sopportare un’avversità così crudele? Nella scrittura:
«[Se mi] interrogate su cosa faccio qui, vi dirò che mi occupo di studi assai poco utili in apparenza, e che nondimeno hanno la loro utilità per me; e quand’anche servissero solo a farmi dimenticare le mie sventure, non sarebbe un mediocre vantaggio: troppo felice se, coltivando un campo così sterile, ne ritraggo almeno qualche frutto.»
Ovidio. Les Élégies d’Ovide pendant son exil, t. II, Élégies pontiques (Le Elegie di Ovidio durante il suo esilio, t. II, Elegie pontiche), trad. dal latino di Jean Marin de Kervillars. Parigi: d’Houry, 1726.
Del resto, l’antico dandy romano non è interamente scomparso: eleganza, tratti ricercati, paragoni più ingegnosi che solidi persistono, talvolta fino all’eccesso. Già Quintiliano lo giudicava meno occupato delle proprie sventure, che amator ingenii sui (innamorato del proprio genio). Secondo Seneca il padre, Ovidio conosceva «ciò che c’era di esuberante nei suoi versi», ma se ne accomodava: «Diceva che una figura è talvolta resa ben più graziosa da un neo». Questa costanza nel dare qualche giro ai suoi pensieri, qualche «neo», alla maniera francese — «si direbbe quasi che sia nato tra noi», nota il traduttore Jean Marin de Kervillars — è il segno ultimo della sua personalità, il rifiuto dichiarato di lasciare che la lontananza dalla capitale annienti l’artista. E dopo aver così spesso descritto questa lontananza come una specie di morte, finisce per trovare Roma in riva al Mar Nero, concludendo: «il paese dove la sorte mi ha collocato deve tenermi luogo di Roma. La mia musa sfortunata si accontenta di questo teatro […]: tale è il beneplacito di un potente Dio.»6Più rassegnato che risoluto, non arrivò a iscrivere sull’architrave della sua porta, come farà Hugo, EXILIUM VITA EST (L’ESILIO È LA VITA o LA VITA È UN ESILIO).
Per approfondire
Intorno alle Pontiche

Citazioni
«Cernis ut in duris – et quid bove firmius? – arvis
Fortia taurorum corpora frangat opus.
Quæ numquam vacuo solita est cessare novali
Fructibus adsiduis lassa senescit humus.
Occidet, ad circi si quis certamina semper
Non intermissis cursibus ibit equus.
Firma sit illa licet, solvetur in æquore navis
Quæ numquam liquidis sicca carebit aquis.
Me quoque debilitat series inmensa malorum
Ante meum tempus cogit et esse senem.»Epistulæ ex Ponto su Wikisource latina, [online], consultato il 2 novembre 2025.
«Vedete come i buoi che hanno a lungo arato terre forti soccombono infine a un lavoro così duro: tuttavia, che c’è di più forte di un bue? Una terra che non si è mai riposata si esaurisce infine a forza di portare ogni anno. Un cavallo che si farà servire continuamente e senza tregua nei combattimenti del circo soccomberà infine nel mezzo della sua corsa. Una nave, per quanto buona sia, se è sempre in acqua, si apre infine e si distrugge da sé. È così che una lunga serie di mali mi esaurisce, mi indebolisce e mi fa invecchiare prima del tempo.»
Ovide. Les Élégies d’Ovide pendant son exil, t. II, Élégies pontiques (Le Elegie di Ovidio durante il suo esilio, t. II, Elegie pontiche), trad. dal latino di Jean Marin de Kervillars. Parigi: d’Houry, 1726.
«Vedi come i lavori penosi dei campi spezzano il corpo robusto dei buoi; e tuttavia, cosa c’è di più forte del bue? La terra, il cui seno è sempre fecondo, si esaurisce, affaticata dal produrre senza sosta; perirà, il destriero che si fa lottare senza tregua nei combattimenti del circo; e la nave i cui fianchi sempre umidi non si saranno mai seccati sulla spiaggia, per quanto solida sia d’altronde, si aprirà in mezzo ai flutti. È così che indebolito io stesso da una serie di mali infiniti, mi sento invecchiato prima del tempo.»
Ovide. Œuvres complètes. […] Les Tristes; Les Pontiques […] (Opere complete. […] I Tristi; Le Pontiche […]), trad. dal latino di Charles Nisard. Parigi: J.-J. Dubochet et Cie, coll. «Collection des auteurs latins», 1838.
«Non vedi come i duri lavori dei campi logorano il corpo potente dei tori? Che c’è tuttavia di più resistente di un bue? Per mancanza di gustare periodicamente il riposo del maggese, la terra affaticata da messi continue conosce essa stessa l’invecchiamento. Allo stesso modo, il cavallo morirà che prenderà parte a tutte le competizioni del circo senza mai omettere una corsa, e per solido che sia, la nave si aprirà in mare, se non è mai sottratta all’elemento liquido e posta in secca. E io, parimenti, questa successione infinita di mali mi logora e fa di me un vecchio prima dell’ora.»
Ovide. Les Tristes; Les Pontiques; Ibis; Le Noyer; Halieutiques (I Tristi; Le Pontiche; Ibis; Il Noce; Alieutiche), trad. dal latino di Émile Ripert. Parigi: Garnier frères, coll. «Classiques Garnier», 1937.
«Tu vedi come, nelle terre difficili, il lavoro abbatte i corpi robusti dei tori – e che c’è di più resistente di un bue? La terra che non ha mai conosciuto il riposo del maggese invecchia, esaurita da un’incessante produzione. Morirà, il cavallo che prenderà parte a tutte le competizioni del circo senza omettere una corsa. Per quanto solido sia, si dislocherà in mare, la nave che non sarà mai stata ritirata dall’elemento liquido e lasciata a secco. Anch’io, una serie infinita di sventure mi esaurisce e fa di me un vecchio prima dell’ora.»
Ovide. Pontiques (Pontiche), trad. dal latino di Jacques André. Parigi: Les Belles Lettres, coll. «Collection des Universités de France», 1977.
«Tu vedi come, nelle terre difficili, la fatica spezza il corpo robusto dei buoi; e tuttavia, cosa c’è di più forte del bue? La terra che non si lascia mai oziosa, mai a maggese si esaurisce, affaticata dal produrre senza sosta. Perirà il destriero che, senza tregua, senza intervallo, prenderà sempre parte ai combattimenti del circo. Per quanto solida sia una nave, perirà, se non è mai a secco, se è sempre bagnata dai flutti. E anch’io, una serie infinita di mali mi indebolisce e mi invecchia prima del tempo.»
Ovide. Œuvres complètes d’Ovide, t. X, [Pontiques] (Opere complete di Ovidio, t. X, [Pontiche]), trad. dal latino di Marie Nicolas Joseph Caresme. Parigi: C.-L.-F. Panckoucke, coll. «Bibliothèque latine-française», 1836.
«Vedete come i buoi che sono i più forti degli animali si affaticano all’aratura, e come i campi che non si lasciano riposare, ma che sono sempre seminati, si stancano infine di portare grani. Si creva alla fine un cavallo, se lo si fa correre ai giochi del circo, senza dargli tregua. Per quanto buona sia una nave, non mancherà di fare acqua, se non è mai messa a secco. Sono allo stesso modo indebolito dai mali infiniti che soffro, e ne sono invecchiato prima del tempo.»
Ovide. Les Œuvres (Le Opere), trad. dal latino di Étienne Algay de Martignac. Lione, 1697.
«Tu sai che, quando le terre sono dure, i buoi dal corpo vigoroso
(E cosa c’è di più vigoroso di un bue?) si estenuano al compito;
Un suolo che non è mai stato messo a maggese invecchia,
Esaurito da costanti raccolti;
Se un cavallo partecipa frequentemente ai concorsi del circo
Senza che si distanzino le corse, morirà;
Una nave ha un bel essere solida, farà naufragio se non è mai stata
Messa a secco, lontano dall’umidità.
Anch’io, sono paralizzato da un lungo concatenamento di sventure
Che mi rendono senile prima del tempo.»Ovide. Les Tristes; Les Pontiques (I Tristi; Le Pontiche), trad. dal latino di Danièle Robert. Arles: Actes Sud, coll. «Babel», 2020.
«Tu sai quanto si esauriscono nei campi gli animali
(E le bestie da soma, tuttavia, sono dure al male)
La terra estenuata dai raccolti frequenti
Senza maggese invecchia
E il cavallo morirà
Se partecipa a tutte le corse del circo
Tanto va il remo all’acqua, che alla fine si spezzaPer parte mia, è uguale
La sventura senza tregua
Questa serie di mali
Hanno fatto di tuo marito un vecchio prima dell’ora»Ovide. Tristes; Pontiques (Tristi; Pontiche), trad. dal latino di Marie Darrieussecq. Parigi: P.O.L, 2008.
«Non vedete come il lavoro dell’aratura affatica i buoi, per quanto robusti siano? Una terra che non ridiventa mai a maggese, perché non si riposa mai, si stanca infine a forza di portare. Un cavallo soccomberà nel circo, se non gli si dà tregua per la corsa e per i combattimenti. Che una nave sia costruita in tal maniera che niente perda la sua solidità, nondimeno si aprirà nell’acqua, se non la si mette mai a secco. Così, posso dire che la lunghezza delle mie pene mi ha prodigiosamente indebolito; e mi trovo costretto a diventare vecchio prima del tempo.»
Ovide. De Ponto libri IV, cum interpretatione gallica – Les Quatre Livres des épîtres d’Ovide, écrites à plusieurs de ses amis, du lieu de son exil dans la province de Pont (De Ponto libri IV, con interpretazione francese – I Quattro Libri delle epistole di Ovidio, scritte a diversi suoi amici, dal luogo del suo esilio nella provincia del Ponto), trad. dal latino di Michel de Marolles. Parigi: L. Billaine, 1661.
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- Lettura parziale di Pontiques (Pontiche) da ~SPQR, nella traduzione di Charles Nisard. (Audiocité).
- Romain de Becdelièvre a proposito di Tristes e di Pontiques (Romain de Becdelièvre a proposito di Tristi e di Pontiche). (France Culture).
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Intorno ai Tristes

Citazioni
«Parve — nec invideo — sine me, liber, ibis in Urbem:
Ei mihi, quod domino non licet ire tuo!
Vade, sed incultus, qualem decet exulis esse;
Infelix habitum temporis hujus habe.
Nec te purpureo velent vaccinia fuco —
Non est conveniens luctibus ille color»Tristia su Wikisource latina, [online], consultato il 1° novembre 2025.
«Mio libro, andrete a Roma, e andrete a Roma senza di me: non ne sono geloso; ma ahimè! che non sia permesso al vostro padrone di andarci lui stesso. Partite, ma senza apparato, come conviene al libro di un autore esiliato. Opera sfortunata! che la vostra veste sia conforme al tempo in cui siamo. Non siate coperto di marocchino color porpora; tutto questo splendore non si addice bene in un tempo di lutto e di lacrime.»
Ovidio. Les Élégies d’Ovide pendant son exil [t. I, Élégies des Tristes] (Le Elegie di Ovidio durante il suo esilio [t. I, Elegie dei Tristes]), trad. dal latino di Jean Marin de Kervillars. Parigi: d’Houry fils, 1723.
«Orsù, acconsento, piccolo libro: senza di me andrai alla Città,
Là dove il tuo padrone, ahimè! non ha il diritto di andare.
Va’, dunque, ma trascurato, quale conviene al mio esilio;
Rivesti, sfortunato, la livrea della mia sorte.
Niente mirtillo per fardarti di porpora —
Non è il colore che si addice alla mia angoscia»Ovidio. Les Tristes: poèmes choisis (I Tristes: poemi scelti), trad. dal latino di Dominique Poirel. Parigi: La Différence, coll. «Orphée», 1989.
«Va’, piccolo libro, acconsento, va’ senza di me in questa città dove, ahimè! non mi è permesso di andare, a me che sono tuo padre; va’, ma senza ornamenti, come conviene al figlio dell’esilio; e sventurato, adotta le insegne della sventura. Che il vaccinio non ti fardi con la sua tintura di porpora; questo colore non è il colore del lutto»
Ovidio. Œuvres complètes. […] Les Tristes; Les Pontiques […] (Opere complete. […] I Tristes; Le Pontiche […]), trad. dal latino di Charles Nisard. Parigi: J.-J. Dubochet et Cie, coll. «Collection des auteurs latins», 1838.
«Piccolo libro, lo voglio bene, senza di me te ne andrai nella città dove, io, tuo padrone, ahimè! non posso andare. Va’, ma senza ornamento, come si addice a un figlio d’esilio. Sventurato, prendi l’abito dei giorni in cui vivi. Niente vaccinio per fardarti di porpora: questo colore non conviene al lutto.»
Ovidio. Les Tristes; Les Pontiques; Ibis; Le Noyer; Halieutiques (I Tristes; Le Pontiche; Ibis; Il Noce; Alieutici), trad. dal latino di Émile Ripert. Parigi: Garnier frères, coll. «Classiques Garnier», 1937.
«Piccolo libro — non ne sono geloso — andrai senza di me a Roma. Ahimè! è vietato al tuo padrone di andarci. Va’, ma senza ornamento, come conviene al libro di un esiliato. Sventurato, prendi l’abito di circostanza! Niente mirtilli per fardarti della loro tintura porpora — questo colore si addice male alla tristezza»
Ovidio. Tristes, trad. dal latino di Jacques André. Parigi: Les Belles Lettres, coll. «Collection des Universités de France», 1968.
«Piccolo libro, non mi oppongo alla tua felicità: andrai a Roma senza di me, a Roma, ahimè! dove non può andare tuo padre. Parti, ma senza ornamento, come conviene al figlio di un esiliato; sventurato, prendi la livrea della sventura: niente vaccinio per rivestirti della sua tintura di porpora; questo colore si addice male alla tristezza»
Ovidio. Œuvres choisies, t. II. […] Les Tristes (Opere scelte, t. II. […] I Tristes), trad. dal latino di Armand-Balthazard Vernadé, rivista da Émile Pessonneaux. Parigi: Garnier frères, 1861.
«Piccolo volume, non mi oppongo alla tua felicità: andrai a Roma senza di me, a Roma, ahimè! dove non può andare tuo padre. Parti, ma senza ornamento, come conviene all’Opera di un esiliato; sfortunato, mantieni la livrea della sventura: niente vaccinio per rivestirti della sua tintura di porpora; questa ricca sfumatura si addice male alla tristezza»
Ovidio. Œuvres complètes d’Ovide, t. IX, [Tristes] (Opere complete di Ovidio, t. IX, [Tristes]), trad. dal latino di Armand-Balthazard Vernadé. Parigi: C.-L.-F. Panckoucke, coll. «Bibliothèque latine-française», 1834.
«Vuoi dunque andare senza di me a Roma, mio libro? Non invidio la tua felicità. Ahimè! che non sia permesso al tuo padrone di accompagnarti. Vacci, ma senza ornamento come deve essere un bandito. Copriti secondo lo stato a cui la tua sventura ti ha ridotto, non con una copertina tinta in porpora e in viola, perché questo colore si addice male al lutto.»
Ovidio. Les Œuvres (Le Opere), trad. dal latino di Étienne Algay de Martignac. Lione, 1697.
«È senza di me, piccolo libro (e non te ne voglio), che andrai a Roma;
Ahimè! A me, tuo padrone, non è permesso di andarci!
Vacci, ma senza fronzoli, come conviene agli esiliati;
Rivesti l’aspetto, sfortunato, della mia situazione.
Niente mirtilli per coprirti di una tintura porpora:
Questo colore non conviene all’afflizione»Ovidio. Les Tristes; Les Pontiques (I Tristes; Le Pontiche), trad. dal latino di Danièle Robert. Arles: Actes Sud, coll. «Babel», 2020.
«Piccolo libro
Ahimè
Va’ senza di me nella città dove sono interdettoVa’ tutto semplice
Senza ornamenti sapienti
Come si addice agli esiliatiUn abito di tutti i giorni
I diseredati non portano la porpora
Il lutto non si fa in rosso»Ovidio. Tristes; Pontiques (Tristes; Pontiche), trad. dal latino di Marie Darrieussecq. Parigi: P.O.L, 2008.
«Piccolo libro, non dico di no: andrai a Roma senza di me — a Roma, ahimè, dove il tuo padrone non ha più il diritto di andare! Vacci, ma mal vestito, come si addice al libro di un esiliato. Prendi, sventurato, la tenuta di questa triste stagione della mia vita. Non ti voglio imbellettato della tintura porpora dei mirtilli: un tale splendore non conviene al lutto.»
Ovidio. L’Exil et le Salut: Tristes et Pontiques (L’Esilio e la Salvezza: Tristes e Pontiche), trad. dal latino di Chantal Labre. Parigi: Arléa, coll. «Retour aux grands textes», 1991.
«Mio piccolo libro, sarà dunque senza di me che farai il viaggio di Roma (non te ne porto invidia), ma ho molto rammarico che non sia permesso al tuo padrone di farlo altrettanto bene quanto te. Ebbene! ti do congedo; ma andando a Roma, che sia senza equipaggio. Non portarvi ornamento, e sii quale deve essere un povero bandito, con un abito di stagione, che sia proporzionato alla tua sventura. Che un viola scuro mescolato con della porpora non arricchisca la tua copertina; questo colore non è conveniente per il lutto.»
Ovidio. Tristium libri V, cum interpretatione gallica — Les Tristes d’Ovide (Tristium libri V, cum interpretatione gallica — I Tristes di Ovidio), trad. dal latino di Michel de Marolles. Parigi: L. Billaine, 1661.
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Registrazioni sonore
- Béatrice Commengé e Danièle Robert a proposito di Tristes e di Pontiques. (France Culture).
- Romain de Becdelièvre a proposito di Tristes e di Pontiques. (France Culture).
Opere a stampa
- Traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé (ed. elettronica). (Roma quadrata).
- Traduzione di Tristes di Charles Nisard (ed. elettronica). (Sito di Philippe Remacle).
- Traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1798-1799). (American Libraries).
- Traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1798-1799), copia. (Google Libri).
- Traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1798-1799), copia 2. (Google Libri).
- Traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1798-1799), copia 3. (Google Libri).
- Traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1798-1799), copia 4. (Google Libri).
- Traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1798-1799), copia 5. (Google Libri).
- Traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1798-1799), copia 6. (Google Libri).
- Traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1798-1799), copia 7. (Google Libri).
- Traduzione di Tristes di Étienne Algay de Martignac (1697). (Google Libri).
- Traduzione di Tristes di Étienne Algay de Martignac (1750). (Google Libri).
- Traduzione parziale di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1750). (Google Libri).
- Traduzione parziale di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1753). (Google Libri).
- Traduzione parziale di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1822). (Google Libri).
- Traduzione parziale di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1822), copia. (Google Libri).
- Traduzione parziale di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1822), copia 2. (Google Libri).
- Traduzione parziale di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1823). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé (1834). (Bibliothèque nationale de France (BnF)).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé (1834), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé (1834), copia 2. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé (1834), copia 3. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé (1834), copia 4. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé (1834), copia 5. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé, rivista da Émile Pessonneaux (1860). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé, rivista da Émile Pessonneaux (1860), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé, rivista da Émile Pessonneaux (1861). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé, rivista da Émile Pessonneaux (1861), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé, rivista da Émile Pessonneaux (1861), copia 2. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Armand-Balthazard Vernadé, rivista da Émile Pessonneaux (1861), copia 3. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1838). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1838), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1838), copia 2. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1843). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1843), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1847). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1850). (Canadian Libraries).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1850), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1850), copia 2. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1850), copia 3. (Google Libri).
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- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1856). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1861). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1861), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1864). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1869). (Google Libri).
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- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1869), copia 2. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1876). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1881). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1881), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Charles Nisard (1881), copia 2. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1723). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1723), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1724). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1738). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1738), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1756). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1756), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Jean Marin de Kervillars (1815). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Michel de Marolles (1661). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Michel de Marolles (1661), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Michel de Marolles (1661), copia 2. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Étienne Algay de Martignac (1697). (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Étienne Algay de Martignac (1697), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione di Tristes di Étienne Algay de Martignac (1697), copia 2. (American Libraries).
- Edizione e traduzione parziali di Tristes di Eugène Fallex (1878). (Bibliothèque nationale de France (BnF)).
- Edizione e traduzione parziali di Tristes di Eugène Fallex (1878), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione parziali di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1784). (Google Libri).
- Edizione e traduzione parziali di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1784), copia. (Google Libri).
- Edizione e traduzione parziali di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1784), copia 2. (Google Libri).
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- Edizione e traduzione parziali di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1784), copia 6. (Bibliothèque nationale de France (BnF)).
- Edizione e traduzione parziali di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1784), copia 7. (Google Libri).
- Edizione e traduzione parziali di Tristes di Jean-Jacques Le Franc de Pompignan (1784), copia 8. (Google Libri).
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Bibliografia
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- Laurens, Pierre. Histoire critique de la littérature latine: de Virgile à Huysmans (Storia critica della letteratura latina: da Virgilio a Huysmans). Parigi: Les Belles Lettres, 2014.
- Pfaff-Reydellet, Maud. «L’hiver éternel de Scythie: dimension métapoétique de l’évocation des confins» (L’inverno eterno di Scizia: dimensione metapoetica dell’evocazione dei confini) in Segetis certa fides meæ: hommages offerts à Gérard Freyburger (Segetis certa fides meæ: omaggi offerti a Gérard Freyburger). Turnhout: Brepols, coll. «Recherches sur les rhétoriques religieuses», 2021, p. 135-151.
- Pogacias, Andrei. «Ovide, un poète romain chez les Gètes» (Ovidio, un poeta romano presso i Geti). Courrier international, n° 1633, dal 17 al 23 febbraio 2022, p. 54.
- Voltaire. Œuvres complètes de Voltaire, vol. 45B, […] D’Ovide, de Socrate […] (Opere complete di Voltaire, vol. 45B, […] Di Ovidio, di Socrate […]). Oxford: Voltaire Foundation, 2010.
